storia dei chatbot, Logogramma

5. Gli sviluppi più recenti: Deep Learning e Reti Neurali

Quello della ricerca e del mercato legato alle Reti Neurali nell’AI è uno dei temi più salienti degli ultimi anni, che fornisce risultati sempre più innovativi a ritmi incalzanti.  

Ma c’è ancora tanto da fare per riuscire a creare un prodotto con caratteristiche davvero umane. Infatti, i chatbot ancora non riescono a gestire in modo soddisfacente questioni complesse – le cosiddette long-tail questions – e forniscono risposte e azioni ancora molto elementari e specifiche, come la scelta multipla, e solo in seguito a richieste espresse con le formule linguistiche previste dal modello.

Pertanto, la ricerca si sta focalizzando sullo sviluppo di meccanismi come il Deep Learning, un tipo di machine learning che migliora l’apprendimento da dati non strutturati, e le Reti Neurali Convoluzionali (CNN), che riproducono artificialmente il modo in cui il cervello processa gli input.

Una delle app più utilizzate che si basa sulle CNN è FaceApp, che riesce a cambiare il volto di una persona in foto invecchiandola, ringiovanendola, cambiandone il sesso, etc. in modo estremamente realistico, e che ha anche generato una serie di polemiche su alcuni tipi di filtri utilizzati e sulle politiche di accesso ai file multimediali conservati nei nostri cellulari — poi c’è anche a chi non importa che un proprio clone Cinese si possa trovare stampato sui poster alle fermate degli autobus di Pechino pubblicizzando dei cereali. 

Riguardo le CNN, molto si sta facendo per associare informazioni testuali a dati visuali, per creare, proprio come nella mente umana, ontologie di concetti associate a immagini, e si stanno muovendo i primi passi anche per l’utilizzo delle CNN nell’analisi e nell’elaborazione del linguaggio naturale.

Inoltre, il lavoro riguardante la pragmatica, ossia l’utilizzo della lingua relativamente al contesto (con chi si parla, dove, per quale motivo, con quale scopo, etc.) avrà sicuramente un ruolo sempre maggiore nella ricerca per la progettazione dei chatbot, così come quello sul riconoscimento di varianti linguistiche regionali e sociali, come dialetti e cadenze dialettali o esterofone, gerghi, modi di dire, su cui la comunità dei linguisti lavora già da anni anche se — purtroppo — solo relativamente di recente (e ancora in maniera del tutto insufficiente!) ha iniziato a interfacciarsi col mondo dell’informatica, dell’ingegneria e delle tecnologie per veicolarne le conoscenze acquisite in secoli di studio. 

Solo percorrendo questa strada i chatbot potranno riuscire nell’ambizioso compito di avvicinarsi alla comprensione e alla produzione di un linguaggio umano che sia veramente “naturale”.

Un linguaggio poco esplicito e letterale e molto più ambiguo, basato su allusioni, metafore e altri strumenti linguistici che permettono di capirci perfettamente anche con poche parole usate in contesti diversi. Un chatbot che non contestualizza potrebbe senza alcun problema pensare che il nostro parlamento sia composto da agricoltori che “scendono in campo”, muratori che “radono al suolo” e maestri yoga che “rasserenano” i colleghi… e l’ultima cosa che vorremmo è che il nostro bot si faccia un’idea sbagliata della situazione…no?

 

… Leggi parte 4                                                                                Rileggi dalla parte 1…

 

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